|
paternocalabro |
.it |
|
IL PORTALE DELLA COMUNITA'
PATERNESE NEL MONDO |
|
SUA MAESTA' LA CASTAGNA
L'autunno è la stagione dei frutti di quello che gli antichi chiamavano l'albero del pane
L’autunno è tradizionalmente la stagione delle castagne. Proprio in questo periodo, quando la natura cambia colore e dal verde si passa alle varietà di giallo e marrone che la faranno da padrone fino alla prossima primavera, a contrassegnare un letargo che cesserà solo con i primi soli di marzo, gli antichi contadini paternesi si dedicavano alla raccolta di quelli che il poeta Attilio Bertolucci definisce i frutti pazienti, che germogliavano all’interno dei rizzi. Era un canovaccio ormai consolidato: sveglia al mattino presto, seguita dall’abbondante colazione a base di pane, prosciutto, olive, formaggio e patate, e poi si saliva in montagna, allu castagnitu, che avrebbe caratterizzato la sede di lavoro per tutta la giornata fino al tramonto del sole. Il bosco diventava allora vivo come non lo era mai stato durante l’anno: pulito e rigoglioso,
curato per quanto bastasse nel corso dei mesi precedenti, offriva una comoda residenza alla famiglia che si trasferiva lì per tutta la giornata, e, dai più anziani ai più piccoli, tutti sembravano restare affascinati dallo spettacolo di una natura sempre pronta a stupire.
Le castagne raccolte venivano disposte all’interno di cestini di paglia costruiti per l’occasione: quindi, tutte le castagne prelevate nel corso dei giorni di raccolta venivano prima lasciate essiccare e poi raccolte all’interno di sacchi di canapa, quindi pestate su appositi tronchi di legno in modo da far staccare dai frutti u pruppitu, ossia la pula. Ciò che si otteneva erano le castagne piuate, note nel cosentino anche con il nome di pistilli, una sorta di caramelle ante litteram che avrebbero servito ad alleviare, se non la fame, almeno la voglia di appetito del fuori pasto. e poi venivano trasferiti in più capienti sacchi di canapa parte veniva consumata erano custodite. Oltre a queste, c’erano anche i torcigliuni, ossia le castagne prelevate prima dell’essiccatura, che restavano più morbide e venivano intrecciate a forma di collana quasi a costituire un ornamento quantomai bizzarro. Dalle castagne si ricavava anche il pane,
attraverso l’apposita farina che rendeva così possibile adoperare le castagne anche per la fruizione del cibo per eccellenza.
Oggi le castagne non si contraddistinguono come privilegio di esclusività per chi può disporre di un terreno: scomparse o quasi le vecchie generazioni, l’operazione di raccolta è divenuta affare rarissimo per chiunque voglia togliersi uno sfizio più che soddisfare un bisogno di prima necessità. Pertanto, sulla nostra tavola i frutti pazienti fanno ancora la loro comparsa sotto forma di ruselle (caldarroste), ntrite o vallani (ballotte). A proposito, ecco di seguito qualche suggerimento ad hoc:
Ruselle
|
Procuratevi una padella in ferro con i buchi sul fondo, scaldatela bene e quindi ponete le castagne, ma solo dopo aver fatto a ciascuna una piccola incisione sul dorso.
Bagnate poi un foglio di carta, e poggiatelo sulle castagne facendo in modo che il foglio non venga a contatto con il fuoco. Fate cuocere le castagne fino a che non siano quasi arrostite, quindi togliete il foglio di carta e continuate la cottura per un altro paio di minuti: le ruselle sono pronte per essere servite subito.
|
|
Vallani
|
Prendete le castagne e ponetele in un recipiente colmo per due terzi d’acqua, quindi mettete a bollire il recipiente e fate cuocere per circa un'ora. Servite quindi le castagne in un piatto.
|
Leggi anche:
|
| |