|
paternocalabro |
.it |
|
IL PORTALE DELLA COMUNITA'
PATERNESE NEL MONDO |
|
I TESORI DEL SANTUARIO
Il tempio paternese custodisce autentici capolavori d'arte poco conosciuti
Il Santuario di S. Francesco a Paterno, oltre al profondo ed indiscutibile significato religioso che esprime per ogni cristiano, nasconde in sè autentici capolavori artistici forse sconosciuti ai più. Il tempio ha per prospetto un protiro a due piani, che si apre nell’ampia e panoramica piazza S. Francesco, salvaguardata e tutelata da un decreto del Presidente della Repubblica del 1969 che interdice la costruzione di edifici pubblici e privati nella zona a valle, con due ampie arcate nella parte inferiore e sei piccoli archi in quella superiore. Recentemente, alcuni lavori di restauro realizzati nel lato destro dell’edificio hanno portato alla luce una fila di finestrelle che richiamano gli archi della parte centrale, e che, con molta probabilità, furono aggiunti in un secondo tempo nel corso delle tante operazioni di muratura a cui il Convento è stato sottoposto nel corso della sua plurisecolare esistenza. Il magnifico portale di ingresso del tempio è in perfetto stile gotico, ed è sovrastato da una lunetta che ritrae in un affresco del 1520 S. Francesco circondato dagli angeli, forse in un’immagine che vuole ricordare la canonizzazione del Santo.
All’interno, la chiesa si apre a due navate. La prima, principale, ospita gli altari di S. Teresa d’Avila, del Beato Tommaso Felton, martire minimo inglese, del Beato Nicola da Longobardi, laico minimo di Longobardi (CS), di S. Michele Arcangelo e l’altare maggiore. Nella navata piccola trovano invece posto gli altari della Madonna del Carmine, della Madonna del Miracolo, di S. Lucia e di S. Francesco, in origine tutti in muratura. Le pale degli altari, tranne il quadro del B. Tommaso, risalgono al ‘700 e sono opera dei pittori Francesco Bruno (S. Lucia, 1750) e Cristoforo Santanna (SS. Annunziata, 1785, B. Nicola, 1786, oltre a varie altre tele raffiguranti il Battesimo di Gesù e la Madonna del Carmine con i santi Antonio e Teresa, conservate nel museo conventuale). Nell’abside la grandiosa pala dell’Annunziata è sormontata da una tela molto più piccola raffigurante l’Eterno Padre, ed è contornata da altre quattro rappresentanti S. Giovanni Battista, S. Pietro, S. Paolo e S. Francesco, di autore ignoto. Altre opere di pregevole fattura sono, in chiesa, il tronetto del presbiterio, la nicchia delle reliquie in noce intarsiato e il coro (purtroppo in avanzata decadenza), e, in sacrestia, il lavabo del coro, opera del 1786 dello scultore Giovanni Posteraro di Lago (CS), e soprattutto il settecentesco soffitto a cassettoni, su cui ogni lavoro di restauro è stato bloccato, da parte della Sovrintendenza per i Beni Culturali, per tutelarne l’integrità artistica.
Nella nicchia delle Reliquie si conservano, assieme al busto ligneo del Santo, un suo Ossicino, offerto al Santuario dal P. Generale dei Minimi Francesco Savarese, il Cappuccio, la Funicella, i Calzari in stoffa, e due Codici liturgici del ‘200 utilizzati da Francesco. Inoltre, sono ospitate nella stessa nicchia la pelle di Antonella, la trota resuscitata dal Santo, la Pentola metallica utilizzata per la cucina conventuale e strumento di prodigi operati dal Taumaturgo, e una delle due pietre sulle quali Francesco, in partenza per la Francia, lasciò impresse le orme dei piedi. In Chiesa sono sepolti i Religiosi deceduti al Santuario, tra cui P. Paolo Rendace, ed eminenti paternesi, come Giuseppe Spada. Dall’angolo sinistro del protiro si innalza il campanile addossato ad un arco murato, di probabile origine cinquecentesca. Nella cella campanaria sono ospitate quattro campane: tra esse, la più antica e più piccola reca inciso l’anno di fusione (A. D. 1728), la seconda risale al 1850 (reca l’iscrizione A dev. di Luigi Milizia di Francesco - Cosenza 1850), mentre la terza e la quarta, rispettivamente del 1894 e 1899, sono opera di maestri roglianesi (Andrea, Michele e Giovanni Conforti). Più recente è invece l’orologio, posto nel 1935 sotto la cella campanaria per volere di un emigrato, il cav. Raffaele Caputo di Casal di Basso.
Artisticamente parlando, restano da segnalare il refettorio ed il chiostro. Il primo è disposto in una vasta sala caratterizzata da due file di colonne corinzie ottagonali collegate con archi che sostengono il soffitto rivestito di tavole arabescate. Sulla parete di fondo, un grandioso affresco del ‘500 che ritrae l’Ultima Cena e che, dopo quasi cinque secoli, permane in discrete condizioni di conservazione. Il chiostro è invece disegnato in modo armonioso ed ampio su sei archi ogivali per lato, poggianti su altrettante colonne. Nei corridoi, da un lato vi sono 31 lunette con affreschi del ‘600 che raffigurano gli episodi più salienti della vita di S. Francesco, con alcuni tra i suoi più stupendi prodigi operati a Paterno. Dall’altro lato vi sono invece busti di religiosi Minimi, insigni per virtù e per cultura, vissuti tutti prima della meta del XVII secolo. Ogni affresco è accompagnato da una targhetta didascalica indicante l’episodio riprodotto e il nome del devoto che ha provveduto al restauro: mancano, purtroppo, i nomi degli artisti, operai ed ingegneri che parteciparono ai lavori.
Leggi anche:
| |
|