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PATERNESE NEL MONDO |
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I DOLCI DI PASQUA
Più che la cioccolata e la pastiera, a Paterno il tempo pasquale è sinonimo di cuculi e cuzzùpe…
L’uovo, che nella tradizione ebraica resta un simbolo di morte, nella logica cristiana, dove la morte non può che precedere la risurrezione, diviene simbolo di vita. Le uova sono così protagoniste nel tempo pasquale, in questa particolare stagione dell’anno in cui la natura si risveglia dal rigido letargo invernale e si apre alla rinascita primaverile. Ma più che la cioccolata, sinonimo di un tempo di ricchezza poco consone alla realtà fatta di una gioia moderata e casalinga, mirata a garantire il pieno appagamento dello stomaco e dello spirito con ciò di cui si disponeva quotidianamente, le uova venivano utilizzate a Paterno e nei paesi del cosentino per preparare i cuculi e le cuzzùpe: i primi, per i quali il dialetto paternese doc esige la pronuncia cucùui, sono classici pani dolci a forma di treccia fatti con un impasto di uova, latte e zucchero, e con il caratteristico uovo sodo a far bella mostra sotto la treccia, e i secondi, estensione dei primi, dove ogni uovo presente voleva rappresentare i figli presenti in ciascuna famiglia. Una festa, Pasqua, di rinascita e liberazione, ma anche di offerta e gratitudine, un omaggio da rendere a Dio per un tempo rinnovato e fecondo.
Oltre alla preparazione di cuculi e cuzzupe, il tempo pasquale paternese è caratterizzato anche dall'attesa verso la grande Festa in onore di S. Francesco, che la tradizione vuole si celebri nella seconda domenica dopo Pasqua. E, nell'occasione, le massaie paternesi preparano i ginetti, una sorta di taralli ingentiliti con glassa di zucchero (il cosiddetto gì-ùppu). Anche qui, la povertà di ingredienti contrasta con la ricchezza e l'entusiasmo che derivano dal senso della festa, inteso come il miracolo dello stare bene insieme.
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